Andrea Biggio

Buongiorno,
mi chiamo G., ho 18 anni e a giugno dovrò affrontare la maturità.
E’ il terzo anno che studio cinese, e ne sono molto appassionato. Dopo aver ascoltato una conferenza della prof.ssa C. sull’Yi Jing in relazione al linguaggio, ho cominciato ad interessarmene, soprattutto come possibile argomento della tesina da presentare all’esame.
E’ stato così che mi sono imbattuto nel suo sito, e nelle decine di pagine che lei dedica a tantissimi aspetti tutti legame a questo libro (che mi hanno messo effettivamente in difficoltà quando è stato il momento di leggerli e analizzare cosa mi potesse servire).
Quello che a me interessa, proprio appunto in vista di una tesina, è la relazione che può esserci tra Yi Jing e la matematica, in particolare per quanto riguarda i codici/decifrare i codici. Per matematica, ho già preparato un approfondimento su come creare codici, messaggi criptati, cifrati, e come decifrarli. La mia difficoltà sta nel come affrontare l’Yi Jing nell’aspetto che più si avvicina a questo tema.
Proprio per questo le scrivo: lei saprebbe darmi una mano? Un’indicazione?La ringrazio in anticipo per la sua disponibilità.

Il pensiero cinese è un pensiero sincronistico (Yi Jing – I Ching, Il Libro dei Mutamenti), un pensiero di campo, che non ragiona soltanto – come noi occidentali – in termini di causa-effetto. In Cina la domanda non è “come mai è accaduta una certa cosa?” oppure “cosa ha determinato un tale effetto?”, bensì “quali cose amano accadere insieme, prodursi simultaneamente in maniera significativa?”. I Cinesi chiedono per lo più “quali cose tendono a succedere insieme nel tempo?”. Ecco dunque che il centro del loro concetto di campo è il tempo, l’istante temporale intorno al quale si addensano gli avvenimenti non legati tra loro da cause-effetti. La teoria della sincronicità di C.G.Jung è molto chiara al riguardo. Il pensiero sincronistico è un’articolazione del pensiero primitivo, nel quale non vi è nessuna distinzione tra fatti psichici e fisici: i Cinesi accomunano fatti interni ed esterni. Entrambe queste aree della realtà, quella fisica e quella psichica, vanno esaminate indiscutibilmente insieme.
La scienza occidentale si serve di strumenti algebrici per descrivere le probabilità di sequenze di eventi: diverse matrici algebriche, funzioni e curve algebriche. I Cinesi si servono della matematica per descrivere le leggi della sincronicità. Si servono dei numeri interi naturali (1,2,3,4,5, etc) e della qualificazione contenuta in essi nelle serie degli interi naturali. Questa base la si trova in tutte le più semplici ed elementari tecniche di divinazione che si fondano sul codice binario: sì o no. Si lancia una moneta (evento psicofisico) e si decide se intraprendere o no un’azione.
Marcel Granet (Il Pensiero Cinese – Adelphi) afferma che i Cinesi non pensarono mai in termini quantitativi, ma per emblemi qualitativi. Jung, per esprimere lo stesso concetto, avrebbe parlato di “simboli”.

I Cinesi esprimono le relazioni regolari tra le cose con i numeri, come facciamo noi, ma a differenza nostra qualificano l’ordinamento concreto delle cose per mezzo di una gerarchia qualitativa: essi mettono l’accento piuttosto che sulla quantità, sulla qualità. Per loro l’universo ha un ritmo ultimo fondamentale che è proprio un ritmo numerico. Un esempio dell’attribuzione ai numeri di qualità particolari e significative è il nostro gioco del Lotto: 47 morto che parla, 77 le gambe delle donne, la paura fa 90. I numeri in Cina sono rivestiti di grande sacralità: Jung ha detto che il numero è la più primitiva espressione dello spirito.
I Cinesi hanno sempre guardato al mondo in maniera energetica e dinamica, come equilibrio tra le polarità (yin-yang) presenti in ogni cosa, che dunque è sia esteriormente che interiormente un flusso di energia che obbedisce a certi ritmi numerici fondamentali ricorrenti. In ogni campo di eventi si scorge il ritmo base del cosmo rappresentato da una matrice (la matrice è una disposizione regolare di numeri, che può avere un numero qualsiasi di righe e di colonne ma è sempre di forma rettangolare).
Per quel popolo una delle matrici-strutture fondamentali dell’universo era una matrice quadrata, il “quadrato magico” detto Luo Shu (Lo Shou), che scandisce il ritmo base: in qualsiasi modo si sommino i numeri nel quadrato il risultato è sempre 15, è il quadrato magico più semplice, con soltanto otto somme. È l’immagine ritmica fondamentale dell’universo sotto il profilo temporale. Da essa nasce il Cielo Posteriore. Eccolo, sia con l’indicazione dei numeri che con i cerchietti neri e bianchi:


Queste matrici si riferiscono al tempo ciclico che viviamo, ma il ritmo base della realtà, l’ordine numerico dell’eternità sottostante (da cui si ricava il Cielo Anteriore) è rappresentato da un mandala a croce: He Tu (Ho Tou). Sempre con il cinque nel mezzo: si conta 1,2,3,4 e poi si va al 5 centrale; quindi 6,7,8,9 e di nuovo al centro con il 10; il centro va sempre attraversato e poi ci si torna con un movimento sistolico-diastolico. Ecco:

Il Luo Shu rappresenta il mondo del tempo in cui viviamo e sotto di esso vi è il ritmo soggiacente dell’eternità, He Tu.

Se è vero come sostiene Jung, e personalmente ci credo, che il numero è la più primitiva espressione dello spirito, allora bisogna anche accedere a cosa si intenda con la parola spirito, anche da punto di vista psicologico. Jung definisce “spirito” quell’aspetto portatore d’ispirazione e vivificante dell’inconscio. Entrare in contatto con l’inconscio ha un effetto vivificante ed è fonte di ispirazione. Quindi, per Jung, lo spirito, sotto il profilo psicologico, è l’aspetto dinamico dell’inconscio, come una matrice.
Un primitivo non potrebbe dire mai di aver inventato, per esempio, l’arco e le frecce; affermerebbe invece che la tecnica per costruire l’arco e le frecce gli è stata rivelata durante il sonno dal “dio dell’arco e delle frecce”: dunque un mito d’origine. Un tale soggettivarsi dello spirito, come lo intende Jung, si coglie chiaramente nella matematica. I numeri interi naturali erano per i Pitagorici principi cosmici divini, che costituivano la struttura base dell’universo.

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