Ci sono libri che non si possono leggere, opere di spiritualità e di sapienza in compagnia e nell’atmosfera delle quali si può vivere per anni senza mai leggerli come si leggono gli altri libri. Basta una frase di questi libri per farci sentire colmi, impegnati, ispirati per molto tempo. Sono libri che si tengono a portata di mano o che si portano quando si va a fare una passeggiata nel bosco ed ogni volta si prende una frase, una riga, per meditarci sopra; per ritrovare, al di là del ciarpame della giornata ed anche delle altre letture, la misura di ciò che è grande e sacro. Considero una fortuna che io ne abbia ora trovato uno nuovo: si chiama I King (I Ching).
(Il Mio Credo, Hermann Hesse)
Hermann Hesse, premio Nobel per la letteratura nel 1946, ne “Il giuoco delle perle di vetro” (1943), dedica alcune pagine all’I Ching, che sembra per altro averlo ispirato nel delineare il “Giuoco”, di cui non conosciamo le regole, ma di cui sappiamo che consiste nell’evidenziare correlazioni nascoste ed inaspettate fra gli aspetti apparentemente più distanti del sapere umano.
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